
Il saggio di Basilico "Architetture, città, visioni" parla di questo e di altro. Il suo sguardo sulle rovine di Beirut, le immagini dei porti, i frammenti delle diverse città fotografate, le fabbriche di Milano. Difficile da sintetizzare il flusso d'immagini e parole che ti rapiscono nella lettura. Quelle immagini in bianco e nero che mostrano l'anima della città sempre mantenendo un distacco critico. Quando Basilico fotografa gli edifici ne rimane fuori e lascia al nostro sguardo la possibilità di indagare. La sua è una fotografia documentaria che però ci regala sempre qualcosa di più nonostante il fotografo voglia mantenere uno sguardo obiettivo.
Sono diversi i bei passi di questo saggio, quando parla del fascino delle rovine, della memoria nella fotografia e nell'architettura e quando parla della città, di come imparare a guardarla. Un passaggio in particolare mi ha colpito. Basilico sostiene che il commercio e i negozi hanno ostruito la nostra visuale sulla città, non riusciamo più ad alzare gli occhi in alto per vedere dove finisce la città e dove comincia il cielo. Secondo Basilico abbiamo perso la capacità di leggere la città verso l'alto e leggiamo tutto in funzione della linea dei nostri occhi. Ho interpretato questo passaggio come un invito: alza gli occhi e scopri cosa c'è sopra e se ti capita fotografala. Le linee degli edifici che portano al cielo sono lì per essere godute e ammirate.

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