lunedì 26 marzo 2012

Cinema Totale di René Barjaval


Il mondo, come l’uomo, non può ritornare indietro alla sua giovinezza. Non rimpiangiamo ciò che non c’è più. Lasciamoci al contrario meravigliare da ciò che intravediamo dell’avvenire.

Il saggio di René Barjaval su cinema e tecnologia conquista fin dalle prime pagine anche perché tra le sue pagine c’è tutta la passione per il cinema come mezzo tecnico per creare emozioni. Un saggio sullo sviluppo della tecnologia al cinema che si traduce in una sorta di romanzo, una narrazione sul cinema e sulle sue potenzialità passate e future.
L’idea di cinema dell’autore rapisce e permette d’interpretare anche il cinema odierno, nonostante si parli di un libro degli anni 40. Un libro da trascrivere per intero per raccontarlo e difficile da rendere in poche parole. Tra le pagine più belle ed emozionanti ci sono quelle che raccontano l’uomo del popolo che va al cinema, entra in sala e rapito dalla poesia del cinema non pensa più a nulla, come se tutto sparisse. Dopotutto è sempre stata questa la magia del cinema.
Per realizzare questa magia, secondo Barjaval il cinema deve essere totale, cioè tutti gli elementi che compongono il film  (suono, immagine, dialoghi, colore) si devono integrare in armonia per creare poesia e diventare il mezzo d’espressione del genio.
Questo in estrema sintesi quello che ci racconta l’autore che dedica un capitolo per ogni tematica ed evoluzione tecnica. Parla del suono al cinema e sostiene che il dialogo non deve descrivere l’azione ma aggiungere la sua poesia alla poesia dell’immagine. Sul colore dice non abbiamo bisogno della cinepresa per sapere che il cielo è blu, il prato è verde e l’abito rosa. Il cinema deve impiegare il colore più come elemento drammatico e poetico che come mezzo descrittivo.
Barjaval parla anche di cinema in rilievo, ricorda qualcosa? Il cinema 3D era un desiderio antico e a quanto pare sembra che anche i fratelli Lumiere abbiano fatto degli esperimenti con occhialini considerati poi troppo poco precisi e troppo invasivi per la vista del pubblico. C’è sempre stato il desiderio di avvicinare l’immagine cinematografica al reale fino a rendere l’illusione del cinema sempre più perfetta. Questa illusione del reale secondo Barjaval non deve essere fine a se stesso ma deve diventare un gioco e non un semplice documentario del fantastico.

Più il vocabolario del cinema, vocabolario di suoni, di immagini di colori, di volumi si arricchirà, più l’autore di film dovrà sottoporlo a una sintassi rigorosa. Non per assoggettarsi a un piatto realismo, ma per trascinare la folla, grazie alle apparenze materiali della verità, nel cuore stesso della poesia.

Nel libro di Barjaval la tecnologia al cinema e’ raccontata non solo in termini di poetica e meraviglia ma c’e’ anche una riflessione su quanto impatto questa tecnologia possa avere sulla distribuzione dei film e sull’impatto sociale e culturale di un cinema capillare che raggiunge tutte le case, con una conseguente omologazione…forse voleva parlare di TV.
La profonda passione per il Cinema che si legge tra le pagine di questo libro e’ forte e l’autore lo dimostra anche immaginando un cinema istituzionalizzato in tutti i suoi aspetti. Un cinema che deve essere insegnato a tutti, perché anche se tutti non diventeranno autori, saranno un pubblico istruito e sapranno valutare quello che vedono.  Una riflessione importante in un momento nel quale la cultura e l’istruzione non sono di certo all’ordine del giorno. In ogni momento ci dobbiamo ricordare che l’istruzione e la cultura non sono spese da sostenere ma investimenti per il futuro di intere generazioni.

Per anni si dimenticherà completamente il bianco e il nero, così come si è dimenticato il silenzio dopo l’invenzione del parlato. Un innovatore ardito li introdurrà un giorno in mezzo a scene colorate e farà gridare al miracolo.

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